A BETLEMME: STOP O ROTATORIA?


L’evento del S. Natale ci raggiunge in situazioni ed esperienze diverse, ma accomunate dalla
possibilità di accogliere ed incontrare ancora una volta il Dio-bambino che è già venuto ad
abitare tra noi.
Quanta finzione, a volte, nel periodo natalizio: immaginiamo la scena poetica della grotta di
Betlemme con le melodie struggenti delle cornamuse e dimentichiamo di rispecchiarci
nell’indifferenza degli abitanti di Gerusalemme, disattenti alla voce insistente e coerente dei profeti
nell’indicare i tratti inconfondibili del Messia veniente.
Dimentichiamo come umanità attuale di rispecchiarci anche nelle crudeltà di Erode, che
uccide spietatamente, oggi come allora, gli innocenti, gli indifesi. Le mamme di Betlemme che
piangono disperatamente le loro tenere creature passate a fil di spada dai soldati, sono le stesse,
aumentate all’ennesima potenza, che piangono ogni giorno i loro figli sulla soglia promettente dei
primi anni di vita: ad Aleppo, nel Sud Sudan, nel deserto libico, nelle periferie urbane delle
Filippine, nei barconi della morte nel nostro Mediterraneo.
Maria e Giuseppe che fuggono verso una terra più rassicurante, l’antico Egitto dove il popolo
ebraico era scappato dall’ira del Faraone, può essere uno dei reportage televisivi quotidiani in cui
moltitudini di persone fuggono dalla loro terra, costrette da circostanze ostili che loro non hanno
voluto ne tantomeno creato.
La storia della nostra salvezza, però, non si interrompe; un filo esile di speranza riconduce fatti
ed avvenimenti nella trama complessa della storia.
Il lungo viaggio al contrario dei Magi, alla ricerca del Messia divino, si innesta con quello
dell’Emmanuele: il “Dio per sempre con noi”, costretto a fuggire ed emigrare.
Nella società odierna sempre più globalizzata e virtuale, spesso travolta dalla giostra impazzita
per velocità disumane, da cristiani e discepoli di Gesù – magari ancora immersi nelle tenebre della
notte come i pastori – siamo chiamati a ricongiungere le due strade della ricerca e della fuga; a
collegare i due percorsi, per sostare insieme e condividere la bella e buona notizia: «Gloria a Dio
nell’alto dei cieli e pace in terra alle persone di buona volontà» (cfr. Lc 2,14).
Quest’ultime saranno riconosciute da Gesù come “beati” nel mondo dei poveri, degli assetati di
giustizia, dei miti e misericordiosi, degli operatori di pace (cfr. Mt 5,3-9); quest’ultime saranno
abbracciate da Gesù nell’eternità di Dio, ma anche nostra, in quanto “Benedetti dal Padre suo e
nostro” (cfr. Mt 25, 31-46).
L’annuncio evangelico di pace nel cuore della notte, risuonerà nel giorno luminoso di Pasqua come
il dono-invio di “Pace a voi, andate e rimettete i peccati ad ogni creatura”.
Notte e Giorno si abbracciano, strade desolate di fuga e strade di ardente ricerca si danno
appuntamento nel tempo nuovo di Dio, venuto a scandire il quadrante della storia e ad imprimere
la scossa vitale di un cuore nuovo, ritmato su quello di Gesù.
A Betlemme, quest’anno, passeremo oltre perché le rotatorie sfolgoranti del business natalizio ci
spingono incredibilmente lontano, o ci fermeremo al semaforo dell’anima e della coscienza per
raccordare la nostra vita frenetica con quella liberante del Figlio di Maria che fa storia con noi?
don Giuseppe